Vivo all’ultimo piano di un palazzo molto alto, al centro di una terrazza panoramica che offre una visuale invidiabile, a 360°. Davanti a me un’arena. Dentro, degli agguerriti contendenti non sempre facili da distinguere si sfidano in feroci duelli mortali; due fazioni contrapposte di spettatori, questi sì perfettamente distinguibili, si infervorano, si insultano, fanno il tifo e si entusiamano chi per l’una e chi per l’altra parte.
Gli altri tre lati del palazzo si affacciano su una distesa verde, punteggiata da laghetti dalle acque incontamninate che ospitano splendidi cigni e placidi germani reali; sùbito dietro, un ampio rettangolo irregolare di risaie; maestose montagne innevate si stagliano in lontanza. The Dark Side of the Moon e The Secret Society si alternano in sottofondo perpetuo. È là che quasi sempre è diretto il mio sguardo.
Purtroppo dal pur spazioso balcone del mio appartamento al terzo piano, provincia sud di Milano, non ho il conforto di una simile vista. L’incipit un po’ romanzato di questo post è solo un modo per darvi un’idea della mia posizione sulla guerra. Non ne so abbastanza, quasi nessuno lo sa, per sapere cosa davvero sta accadendo e ne so a sufficienza, se non altro per l’esperienza delle numerose e recenti guerre pregresse, per sapere che nulla è come ci viene descritto e raccontato. Vale per noi, vale per i Russi. La verità, anch’essa molto parziale, emergerà solo tra diversi anni, e anche questa sarà piegata e sapientemente adattata al gusto edulcorato dei palati di chi dovrà riceverla.
Quindi? Quindi, come era solita dire la mia amica Sussi Långfors di Kristinestad (o Kristiinankaupunki, come la chiama la sparutissima minoranza finlandese di quell’angolo di Ostrobotnia): life is hard and then you die.
Distrattamente ho sentito parlare in questi giorni di putiniani d’Italia. Notizie apprese a pezzi, un po’ dai telegiornali, un po’ dai cosidetti programmi di cosidetto approfondimento, mentre suovano un piano elettrico che non so suonare, anche se mi piace farlo.
Come ho detto più volte, la realtà dell’informazione che ci circonda offre di continuo esempi ed elementi talmente copiosi da poter imbastire un corso universitario, anche distribuito su più anni, incentrato per intero sul concetto di fallacie logiche. I putiniani d’Italia è uno dei tanti esempi cui mi riferisco. Dunque tratterò di questo.
Siamo di fronte a un caso classico di “fallacia del falso dilemma”. Nello specifico l’argomentazione si compone di due premesse (una maggiore, l’altra minore) e di una conclusione. La fallacia della premessa maggiore porta inevitabilmente a una concusione errata.
Illustro il funzionamento con un esempio personale.
Interlocutore: vedo che stai sudando terribilmente…
Nautilus: eh sì, io odio il caldo
Interlocutore: ah, a te piace il freddo!
Riformuliamo il tutto in modo formalmente e logicamente corretto:
Pmag.: o ti piace il caldo o ti piace il freddo
Pmin.: non è vero che ti piace il caldo
C.: quindi è vero che ti piace il freddo
L’errore consiste nel ridurre lo spettro termico ai suoi due estremi opposti (freddo/caldo), ignorando la gamma delle possibilità intermedie. Come detto, non sopporto il caldo, ma ciò non si ignifica che ami il freddo, e infatti non lo amo. Gradisco quelle situazioni in cui la temperatura massima oscilla tra i 18°C e i 22°C e quella minima tra i 4°C e gli 8°C. La creazione di un falso dilemma è dunque un errore di modellizzazione della realtà. Gli esempi di questo tipo sono tantissimi e altrettanto frequenti; se dite di non amare il nero non significa che amiate il bianco, se dite di gradire la pasta non significa che detestiate il riso, se dite di non essere cristiani non significa che siate adoratori di Satana, ecc.
Ora vediamo lo schema che sottende il caso dei putiniani d’Italia o, più in generale, dei putiniani o filoputiniani:
Pmag.: o sostieni Zelensky o sostieni Putin
Pmin.: non è vero che sostieni Zelensky
C.: quindi è vero che sostieni Putin
Non mi sono nemmeno preso la briga di approfondire chi fossero i putiniani d’Italia, e nemmeno lo farò (come detto: life is hard and then…); quello che mi interessa è far emergere la fallacia logica dietro questo modus (s)ragionadi.
Se non siete ancora convinti della fallacia del falso dilemma ve ne darò una rappresentazione matematica:
Pmag.: o 2+2=5 o 2+2=37
Pmin.: non è vero che 2+2=37
C.: quindi è vero che 2+2=5
L’esempio di cui sopra fa intuire che è sempre possibile modellizzare la realtà in termini dicotomici; nel caso in esame: o 2+2=4 o 2+2≠4. La realtà in cui viviamo è piena di coppie dicotomiche: vivo/morto, incinta/non incinta, vaccinato/non vaccinato, … . Il tipo di fallacia logica di cui stiamo discutendo entra in gioco nel momento in cui una realtà complessa viene ridotta, erroneamente, a una dicotomia.
Ci si può chiedere se tale riduzione è fatta consciamente o inconsciamente. Fermo restando il fatto che il risultato finale non cambia, è ragionevole pensare che alcuni soggetti siano consapevoli della forzatura che stanno commettendo (di certo Putin, Lavrov, Biden, Draghi, …) e altri, molti altri, si limitino a subirne le conseguenze.
Quello che davvero conta è saper riconoscere le fallacie logiche (questa come le moltissime altre) e prendere le conseguenti contromosse. Se parliamo di fallacia del falso dilemma la contromossa da attuare è tanto elementare quanto evidente: rifiutare di cadere nella trappola che porta alla scelta di uno dei due corni del dilemma; entrambi i corni vanno rifiutati o – come dice qualcuno – bisogna passarci in mezzo.
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