Potrei mangiare tutti i salmoni

Quanto segue è la trascrizione della conversazione che io e mia moglie abbiamo avuto tra le sei e venticinque e le sei e ventisei di questa mattina. La frase finale (“tutti i salmoni”), da cui a mio avviso scaturisce l’effetto comico, significa in realtà “tutte le varietà/preparazioni di salmone”.

Indrė:
Non capisco cos’ho, non riesco a dormire

Nautilus:
Non ti preoccupare, anch’io sono sveglio dalle cinque. C’è la luna piena

Indrė:
Ma tu sei andato a letto presto, è normale

Nautilus:
Sono andato a letto presto?

Indrė:
Sì, alle dieci e venti, dieci e mezza

Nautilus:
Ah sì?

Indrė:
Sì, alle dieci e mezza stavi già dormendo, eri stanco. Io invece faccio dei pensieri

Nautilus:
Che pensieri?

Indrė:
Sto pensando al mercato del pesce

Nautilus:
Mercato del pesce?! Quale mercato del pesce?!

Indrė:
Il mercato del pesce in Norvegia dove siamo stati l’anno scorso

Nautilus:
Ma a quest’ora tu stai pensando al mercato del pesce di Bergen?!

Indrė:
Sì, adesso che non sono incinta potrei mangiare tutti i salmoni. Sarebbe bello comparire lì per un attimo, vero?

Dentifricio fricio icio

Questa mattina mi sono chiesto da dove deriva quel “fricio” con cui termina la parola “dentifricio”. Una breve ricerca e la risposta mi è apparsa subito chiara: all’origine di tutto c’è il verbo latino “fricare” (che, per quanto poco conosciuto, ha il significato preciso e molto pertinente di “sfregare”).

Nubifragio fradicio

Questa mattina ho sentito dire per radio che un nubifragio è così chiamato perché ti rende fradicio. La spiegazione può andar bene per una battuta, ma le cose stanno in modo ben diverso. Nubifragio deriva infatti dal latino “nubifragium”, composto da “nubes” (nube) e “frangere” (rompere). Indica la pioggia intensa e temporalesca tipica della stagione estiva che origina appunto dalla “rottura” (violenta) di una nube carica d’acqua.

Montiani e antimontiani

Così i giornalisti tendono a sintetizzare le due categorie di politici e cittadini che, rispettivamente, sostengono o avversano l’attuale Presidente del Consiglio dell’Italia Mario Monti. Bene, ora lasciatemi dire che trovo orribili entrambi i termini.

Bubu… cetti!

Giocare a “bubu cetti” con mia figlia sta diventando uno dei miei passatempi preferiti. Ieri sera mi sono posto la fatidica domanda: where the hell does that “bubu cetti” come from? Così ho fatto un po’ di ricerche, per poi scoprire che “bubu cetti” non solo non significa niente, ma non esiste nemmeno. Il mio “bubu cetti” sarebbe in realtà un “bubu settete” (secondo alcuni) o un “bubu cettete” (secondo altri). Sarà, ma io trovo “bubu cetti” nettamente superiore. Ci sono così affezionato che – mi pare superfluo dirlo – non potrò fare a meno di continuare a usarlo 🙂

Declassare o declassificare?

Le recenti notizie sull’uragano Sandy mi hanno fatto riflettere sull’uso del verbo “declassare”. Si dice “declassare” (come fanno quasi tutti) o “declassificare” (come invece si ostina a fare qualcuno)? O forse sono possibili entrambe le forme? E se si dice “declassare” perché “riclassificare” non ha un equivalente in “riclassare”? Infine, esiste un contrario di “declassare/declassificare” che contiene la radice “classe”?

Chi è Charlekas

Karl Eelmaa, in arte Charlekas, è uno straordinario illusionista estone. Qui e qui trovate due brevi video; qui invece un intero spettacolo (per bambini). Piaciuto?

FrankenWTF? Frankenstorm!

Da alcuni giorni TV e giornali vanno dedicando un discreto numero di servizi-barra-articoli all’uragano Sandy. Taluni – invero con scarsissima fantasia – lo hanno definito la “tempesta perfetta”, altri hanno invece ripreso la (ghiotta) definizione di Frankenstorm coniata dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (o NOAA).
Stasera il nome Frankenstorm è stato addirittura ripreso dal TG5 delle 20:00 (che lo ha tirato fuori dal cilindro di Cesara Bonamici per confezionare la notizia di apertura).
Chiamare Frankenstorm una tempesta di intensità mostruosa può (forse) sembrare un colpo di genio. Peccato che tutto ciò non faccia altro che rivelare la profonda ignoranza letteraria tipica dell’epoca in cui viviamo. Chiunque abbia letto il romanzo di Mary Shelley (o visto una qualunque trasposizione cinematografica) sa infatti perfettamente che Frankenstein non è il mostro, ma il “moderno prometeo” che lo ha creato. Ma si sa che dove c’è ignoranza là c’è subgiornalismo.

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Aggiornamento del 1 Novembre 2012 (ore 14:40):

Ieri mattina un commentatore radiofonico di RTL 102.5 in collegamento da New York ha parlato di Frankstorm.

Il codice ASCII si pronuncia asci o aski?

ASCII è l’acronimo di American Standard Code for Information Interchange (Codice Standard Statunitense per lo Scambio di Informazioni) e rappresenta uno dei sistemi di codifica dei caratteri più noti al mondo (le sue radici affondano nell’informaticamente lontanissimo 1960).
Contrariamente a quanto si pensa ASCII non si pronuncia “asci”, ma non si pronuncia nemmeno “aski” (come vorrebbe farci credere qualche italico saccente dalla scarsa dimestichezza con l’Inglese): la forma corretta è “æski”*.

Pronuncia a parte, lo sviluppo di questo sistema è stato tale da sfiorare il campo dell’arte; a riprova di ciò vi invito a consultare questa pagina di Wikipedia.

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* nella pagina inglese di Wikipedia (vedi qui) la pronuncia ASCII è resa con la forma “ass-key” (!) secondo un sistema di trascrizione ortografico detto “pronunciation respelling key

Dov’è la mamma? Sta pulendo la cugina

Stamattina riflettevo sul fatto che in Milanese esistono alcuni interessantissimi casi di omonimia, ovvero parole che sono contemporaneamente omografe e omofone. Uno dei vocaboli più comuni è “cusina” (pronuncia “cüzìna”; dove con “z” ho indicato la “s” sonora o dolce, per capirci quella di “rosa”); “cusina” significa sia “cucina” (il sostantivo, ma anche la terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo “cucinare”) che “cugina”.

Cosa c’entrano le dimostrazioni con i mostri?

C’entrano. Attenendoci a un’interpretazione letterale una dimostrazione non è altro che una “esibizione meravigliosa (o portentosa, prodigiosa, straordinaria)”. Questi quattro aggettivi, se sostantivati, corrispondono infatti al significato della parola latina “monstrum”.

La vita Agrama

Titolo del Manifesto di oggi. Il riferimento è alle recentissime condanne di Silvio Berluscini e Frank Agrama.

Piegato all’interno, piegato all’esterno

Terza “puntata” sulle parole comuni che derivano dal verbo latino “plectere” (piegare; per le altre due si veda qui e qui). Quelli riportati nel titolo del post sono i significati “primitivi” degli aggettivi “implicito” ed “esplicito”.

I segnali stradali rivisitati da Clet Abraham

Artista bretone che opera sopratutto in Italia e Padania. Qui potete trovare una raccolta di immagini sufficientemente ampia. Idea carina, ma (a parer mio) nulla di eccelso.

Xenofilia

Ha il significato opposto (vedi qui) di xenofobia e anch’essa è indice di un comportamento non equilibrato.

Oh oh, c’ho il nonno disposofobico

Ieri ho appreso dell’esistenza di un disturbo chiamato disposofobia (compulsive hoarding in Inglese, syllogomanie in Francese, Messie-Syndrom in Tedesco). I precedenti link a Wikipedia (che invito a consultare) offrono una panoramica del fenomeno al tempo stesso sintetica ed esaustiva. Si noti che, se in generale la maggior parte delle patologie sembra colpire più le donne degli uomini, in questo caso accade il contrario (con gli anziani più esposti dei giovani).

Moltiplicare, ovvero piegare molte volte

Di “pieghe” avevo già parlato in un mio recente post (Così semplice da avere una sola piega, 22 Ottobre 2012) a proposito degli aggettivi “semplice” e “complesso”. Il verbo latino “plectere” (piegare) è però alla base anche di altri termini quotidiani, tra cui “moltiplicazione” e “moltiplicare”, che significano appunto “piegare molte volte”.

I ragni giganti di Marlin Peterson

Tra le prosposte di questo giovane artista (klik qui per il sito ufficiale) vi consiglio di dare un’occhiata sopratutto ai suoi ragni giganti. Poi ditemi se non sono fantastici!

Ciao L

Negli ultimi due anni mi è capitato di osservare un deciso aumento di coloro che firmano le proprie mail aziendali con la sola iniziale del nome (del tipo “A disposizione per eventuali chiarimenti. Saluti, L” al posto di “A disposizione per eventuali chiarimenti. Saluti, Lidia”. Ho sempre ritenuto questo vezzo inutile e fastidioso, sia perché lo trovo inelegante (e questa è una visione personale), sia perché il risparmio di tempo dovuto all’eliminazione di quei pochi caratteri finali è del tutto trascurabile (e questo, evidentemente, è un fatto oggettivo).
Questa mattina ho però avuto una specie di illuminazione che, almeno in forma limitata, potrebbe rivelarsi efficace per porre un argine a questa insopportabile tendenza: per rimanere all’esempio citato (tra l’altro reale), se doveste ricevere una mail che si conclude con “Saluti, L” al posto di “Saluti, Lidia”) confezionate l’incipit della vostra risposta aprendo con la stessa abbreviazione: esordite dunque con un “Ciao L,” al posto di “Ciao Lidia”. Di certo è un qualcosa che l’interlocutore non si aspetta. Con la speranza che ciò lo induca a riflettere.

Combinatorio, ovvero appaiante, dualizzante

Un termine interessantissimo (specie per chi ama la matematica) formato dalla particella “cum” (insieme) e dall’aggettivo “bini”* (a due a due, due per volta).

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* bini (maschile), binae (femminile), bina (neutro); tutte e tre le forme sono declinate solo al plurale

Gesù Cristo amava le lucertole?

Le notizie storiche su Gesù Cristo sono così scarse da far ritenere che molto probabilmente il personaggio non sia mai esistito. Difficile dunque rispondere alla domanda posta nel titolo del post. Esiste invece – e qui ne siamo assolutamente certi –  il basilisco piumato (Basiliscus* Plumifrons), un piccolo e simpatico rettile verde meglio noto come “la lucertola di Gesù Cristo”. Il motivo di un “nickname” così curioso risiede nell’abilità del basilisco di… camminare sull’acqua (grazie alla particolarità delle sue zampe). Fate klik qui per una ricca panoramica fotografica.

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* etimologicamente basilisco significa “piccolo re”, “reuccio”

Così semplice da avere una sola piega

L’aggettivo “semplice” deriva dal latino “simplex”, composto da “semel” (una sola volta) e dal participio passato di “plectere” (piegare). Significa dunque “a una sola piega”. Gli si contrappone “complesso”, composto dalla particella “cum” e sempre da “plectere”, nel significato di “intrecciato”, “ripiegato”, “ingarbugliato”.

Questità, quellità, codestità, talunità

Esempio di sostantivazione degli aggettivi dimostrativi. Questa mattina mi sono svegliato con questa vena creativa 🙂

Femminicidio (feminicide), femicidio (femicide)

Il termine, non tra i più belli, è in via di affermazione nelle principali lingue mondiali e in questi giorni sembra conoscere una certa ribalta per via di alcuni tragici fatti di cronaca palermitana. Da notare che in Toscano la forma “femminicidio” prevale nettamente su “femicidio”; in Inglese, invece, la forma “femicide” è quella più diffusa. Da segnalare che in Francese si utilizza “gynécide“.

Sottosopra, soprasotto, soprasottana

Il post precedente mi ha fatto pensare a un altro caso di simmetria monca. Se infatti esiste l’avverbio “sottosopra” non altrettanto si può dire (almeno ufficialmente) per “soprasotto”. Curiosamente, però, esiste il sostantivo “soprasottana” (per qualcuno “soprassottana”), un tipo di indumento oggi non più in uso (definizione del dizionario Hoepli: sottana indossata su un’altra sottana; negli antichi abiti femminili, sottana esterna, in genere aperta sul davanti o ai lati, con drappeggio, che metteva in mostra parte della sottana).

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