What if God is/were a Neapolitan MIL?

Ho sempre pensato che un ottimo modo per dimostrare l’inesistenza di Dio fosse il ragionamento seguente: l’esistenza delle suocere e dei Napoletani (nonché delle mosche) è la prova lampante dell’inesistenza di Dio. Poi ieri sera ho riflettuto su una cosa: e se Dio fosse (o fosse stato) una suocera napoletana?

Visvaldas Kulbokas, monsignore lituano e interprete del Papa

Negli ultimi mesi Visvaldas Kulbokas è divenuto una specie di traduttore-interprete personale di Papa Francesco. Il monsignore lituano, che è membro della Pontificia Accademia Ecclesiastica, svolgerà questo compito anche nell’imminente incontro di venerdì 12 Febbraio 2016 con il Patriarca di Mosca Kirill.

L’elevamento a potenza dei pani e dei pesci

Nel caso Gesù dovesse rifarsi vivo gli suggerirei di proporre una versione 2.0 del suo famoso numero.

Psicopompo (Psychopomp)

Sembra una parolaccia, ma – come ci spiega questa pagina di Wikipedia (qui la versione inglese) – ha invece a che fare con la mitologia e la religione antica.

Bibbia e umorismo

“The total absence of humor from the Bible is one of the most singular things in all literature”.

[Alfred North Whitehead]

Quando gli amici immaginari sono tanti

Se un uomo ha un amico immaginario è pazzo, se tanti hanno un amico immaginario è religione.

La religione secondo Ruth Hurmence Green

“There was a time when religion ruled the world. It is known as the Dark Ages”.

La religione secondo Richard Dawkings

“Religion is capable of driving people to such dangerous folly that faith seems to me to qualify as a kind of mental illness”.

La religione secondo Seneca

“La religione è considerata dalla gente comune come vera, dai sapienti come falsa, e dai governanti come utile”.

Apatia + ateismo = apateismo

Apateismo.

Dio è morto. Ma di cosa?

Guccini canta “Dio è morto”, ma non ci dice di cosa è morto. Anzi, nel finale del brano commette il più classico degli errori, confondendo Dio e Gesù.

Meglio ateo o agnostico?

Tempo fa avevo scritto questo breve post sull’agnosticismo. Oggi ritorno sull’argomento in modo sempre sintetico, ma affrontando la questione senza toni umoristici.
Agnostico è colui che ritiene abbastanza improbabile l’esistenza di Dio, ma secondo cui la questione potrebbe essere inconoscibile o non alla portata dell’uomo. Gli atei, invece, sono fondamentalmente di due tipi: quelli che hanno la certezza dell’inesistenza di Dio e quelli che, allo stato attuale delle cose, non hanno elementi per sostenere l’esistenza di Dio. La differenza potrebbe apparire minima, ma – al contrario – è molto profonda.
Io appartengo alla seconda categoria, sono cioè un “ateo scientifico”. In questo contesto l’aggettivo “scientifico” è da collegarsi alla natura fondante della scienza, che non è quella di essere depositaria della verità, ma di fornire una descrizione del mondo provvisoria e valida fino a quando non se ne troverà una più soddisfacente. La scienza è cioè bene diversa da come la si intende comunemente. Gli elementi salienti sono tre: (1) la scienza non si occupa della natura delle cose, ma si limita a descriverne il funzionamento, (2) sviluppa teorie che sono provvisorie per definizione, (3) si fonda sul dubbio e non sulla certezza (figuriamoci sulla verità!).
Gli atei scientifici, dunque, sono coloro che allo stato delle cose non hanno alcun elemento per sostenere che possa esistere un qualcosa chiamato Dio, ma nulla impedisce loro di cambiare idea se nuovi elementi (per quanto oggi ci sembrino improbabili) dovessero emergere in futuro. Gli atei del primo tipo, invece, hanno un atteggiamento molto prossimo a quello delle fedi contro cui si scagliano.

I morti possono tornare a vivere?

Tre giorni fa mi trovavo a casa di mia madre. Lei era fuori a fare la spesa. A un certo punto suona il citofono, così decido di rispondere. Una voce maschile mi chiede il permesso di lasciare un volantino nella casella della posta. Dice che si tratta della possibilità che i morti possano tornare a vivere. Non mi chiede nient’altro, così acconsento. Come prevedibile l’uomo era un testimone di Geova.

Il volantino pone in effetti quella stessa domanda: i morti possono tornare a vivere? E offre tre possibili risposte: sì, no, chissà (riporto testualmente). All’interno qualche citazione della Bibbia, tra cui uno spassosissimo: “Dio non vede l’ora di risuscitare altri. Geova odia la morte, la considera un nemico. Brama sconfiggere questo nemico: intende cancellare la morte tramite la risurrezione. Desidera ardentemente risuscitare coloro che sono nella sua memoria e vederli di nuovo vivere sulla terra” (Giobbe 14: 14, 15).

Fantastico!

Il legame tra ateismo e tasso di omicidi

Sono sempre più convinto che l’Estonia stia antipatica a molti. Mi sono imbattuto per caso in questo articoletto intitolato Atheist supremacy easily debunked, in cui si delinea una strampalata relazione tra numero di credenti di un Paese e tasso di omicidi.
Solitamente si dovrebbe fare molta attenzione, date due variabili, a non derivare mai una relazione di causa-effetto in base unicamente alla loro correlazione. Come ho ricordato in altre occasioni su questo blog, se due variabili sono una causa dell’altra allora esse sono anche correlate, ma il viceversa non è necessariamente vero (anzi, spesso non lo è). Qui, tuttavia, siamo di fronte a un caso più grave. Il passaggio in esame è il seguente:

«In Europe, Estonia has the lowest amount of believers, and its murder rate is consistently the highest. Austria, one of the most religious, has a murder rate lower than all the atheist countries in Europe»

Certamente è vero che, in Europa, l’Estonia ha il minor numero di abitanti che si professano religiosi, ma non si può dire che il tasso di omicidi, per quanto non invidiabile, sia il più alto del continente; su questa pagina di Wikipedia si può vedere la lista dei tassi di omicidio volontario per singolo Paese. Sopratutto, da un punto di vista statistico (e ancor prima logico), non ha alcun senso costruire una relazione di correlazione basandosi su un campione di due soli elementi. Guardando ai tassi di omicidi volontari si nota che Moldavia e Lituania fanno peggio dell’Estonia, pur essendo Paesi più religiosi (lo stesso si può dire dell’Ucraina, che ha lo stesso “punteggio” dell’Estonia). Dall’altra parte della classifica, meglio dell’Austria fa l’Islanda, Paese che non eccelle certo in religiosità. E una situazione simile riguarda la Norvegia. Esaminando tutto il campione, in realtà, si nota che non esiste alcuna correlazione tra religiosità e tasso di omicidi.

Nel caso dell’Estonia, però, si può dire qualcosa di più: la maggior parte degli omicidi non è attribuibile a cittadini estoni, ma a cittadini russi residenti in Estonia. E, a ben guardare, i Russi sono enormemente più religiosi degli Estoni.

Ho inoltre trovato che un concetto come “supremazia dell’ateismo” (citato nel titolo) sia del tutto inadeguato, ma rivelatore del pensiero di chi lo utilizza. Un ateo non ragiona in termini di superiorità, ma di normalità, di logica e di fatti, e non sente alcun bisogno di convertire le masse all’ateismo; per contro, i fenomeni di evangelizzazione più o meno forzata sono sempre stati tipici – e lo sono tuttora – delle tre grandi religioni monoteiste che, non disponendo di argomenti scientificamente convincenti, non possono far altro che ricorrere a tutti i mezzi per piegare alle loro idee milioni di persone.

Per quelli come me le religioni occidentali sono una malattia della logica. Una malattia da cui è possibile guarire, non per essere superiori, ma per tornare a essere normali, e vivere bene e in armonia con madre natura e i suoi elementi; se ci fate caso, un po’ quello che predicano molte religioni (in realtà filosofie) orientali. O quello su cui si fondava il paganesimo prima delle truculente ondate dell’invasione cristiana.

Papa Giovanni XX? Non pervenuto

Ho scoperto che dei 23 papi che hanno scelto per sé il nome Giovanni ne vanno contati solo 21. Giovanni XVI è stato un antipapa, mentre Giovanni XX non è mai esistito. Le motivazioni dell’assenza di un  Giovanni XX sono più complesse di quanto si possa immaginare, con non pochi elementi che dipingono un quadro a tinte molto pasticciate. Questa pagina di Wikipedia riassume bene la situazione.

I Dieci Comandamenti in Lituano (e in Inglese)

Le versioni dei Dieci Comandamenti sono numerose e ancora oggi dibattute. Quanto sotto rappresenta un mio lavoro di sintesi.

1.
Non avrai altro Dio all’infuori di me
Neturėk kitų dievų, tik mane vieną
Thou shalt have no other gods

2.
Non nominare il nome di Dio invano
Netark Dievo vardo be reikalo
Not take the Lord’s name in vain

3.
Ricordati di santificare le feste
Švęsk sekmadienį
Remember the sabbath day

4.
Onora il padre e la madre
Gerbk savo tėvą ir motiną
Honour thy father and thy mother

5.
Non uccidere
Nežudyk
Thou shalt not kill

6.
Non commettere adulterio
Nesvetimauk
Thou shalt not commit adultery

7.
Non rubare
Nevok
Thou shalt not steal

8.
Non dire falsa testimonianza
Nekalbėk netiesos
Thou shalt not bear false witness

9.
Non desiderare la donna d’altri
Negeisk svetimo vyro ar svetimos moters
Thou shall not covet your neighbor’s wife

10.
Non desiderare la roba d’altri
Negeisk svetimo turto
Thou shall not covet your neighbor’s house

Chi non prega Dio prega il diavolo

Frase attribuita al nuovo Papa. In termini di logica l’inizio è pessimo.

Arte e religione secondo David Lewis-Williams

Arte e religione sono considerate due espressioni fondamentali dell’essere umano moderno, grazie alle quali la nostra razza si è elevata rispetto alle altre razze umane preesistenti, ora estinte. In poche migliaia di anni siamo stati capaci di conquiste impensabili.

Senza rendercene conto, siamo soliti pensare che entrambe queste caratteristiche siano un prezioso distillato di nostre facoltà superiori (come intelligenza, ragione, logica).

Segnalo invece il punto di vista, completamente diverso, dell’archeologo sudafricano David Lewis-Williams. Secondo questo apprezzato ricercatore arte e religione non sono altro che il residuo cristallizzato di un’abitudine preistorica, vecchia di almeno 30.000 anni: quella al consumo di allucinogeni vegetali, ovvero la forma antica di ciò che oggi chiamiamo droga.

I postulati stanno alla matematica come i dogmi stanno alla religione?

Qualche giorno fa sono stato a cena con amici in una trattoria nella parte sud della provincia di Milano, dove risiedo. Si trattava della mia seconda volta in quella struttura. La prima è stata più o meno intorno al 1986-1987: una pizza a due con l’allora parroco del mio Comune. A organizzare l’incontro mia madre, in uno dei suoi tentativi, ovviamente non riusciti, di farmi “guarire” dal mio sanissimo ateismo.
Ricordo che in quell’occasione si era chiacchierato molto amabilmente di svariati argomenti, tra cui religione, matematica, scienza, filosofia, musica. Una parte della conversazione riguardava il simpatico tentativo, da parte del religioso, di delineare una proporzione concettuale del tipo “i postulati stanno alla matematica come i dogmi stanno alla religione”. Nel corso degli anni ho scoperto che questo parallelismo sembra affascinare molti. E allora proviamo a parlarne un po’, ma brevemente, perché per smontarlo servono pochissimi argomenti.

Cominciamo con l’osservare che, nel mondo, di matematica ne esiste una sola, mentre le religioni sono una moltitudine. La proporzione, in primo luogo, dovrebbe allora essere riformulata come segue:  “i postulati stanno alla matematica come i dogmi stanno alle religioni”. Domandiamoci ora (seconda e ultima argomentazione) cosa rende la matematica singolare e le religioni plurali.
Piccola premessa. La matematica, in ultima analisi, non è che un generatore di conoscenza: partendo da alcune semplici assunzioni di base (i postulati), e attraverso l’applicazione di regole logiche altrettanto semplici, essa perviene a nuovi risultati (i teoremi), che a loro volta possono essere utilizzati come base per la costruzione di nuovi teoremi e così via (con le sole limitazioni imposte dal Teorema di Gödel, di cui non discutiamo in questa sede). Supponiamo ora che le religioni funzionino nello stesso modo (anche se sappiamo che così non è esattamente) e limitiamo dunque la discussione unicamente ai fondamenti. Fine della premessa.
Cosa rende le assunzioni di fondo delle religioni (i dogmi) diverse dai postulati matematici? Proprio la loro pluralità, specchio del fatto che manca per essi il concetto fondamentale di “condivisione”. I postulati, pur indimostrabili, sono cioè ritenuti universalmente validi da ogni essere umano (si pensi a concetti come “per due punti passa una retta” o “tutti gli angoli retti sono uguali”). Lo stesso non può evidentemente dirsi vero per i dogmi religiosi. Se ne prendiamo alcuni (“Dio è uno e trino”, “verginità di Maria”, “immacolata concezione”, “infallibilità papale”) ci rendiamo conto immediatamente delle difficoltà che si hanno ad accettarli in modo universale. E va da sé che fondamenti non condivisi, dunque deboli o debolissimi, di fatto non sono fondamenti, con tutto quel che – fate voi – ne consegue in termini di ciò che su quei fondamenti dovrebbe essere costruito.

Cerchi info sul cassidismo ma non ne trovi? Forse dovresti scrivere chassidismo

Qui la pagina di Wikipedia in Toscano, qui invece quella in Inglese, di gran lunga più ricca e dettagliata (il chassidismo in questo caso è chiamato Hasidic Judaism o Hasidism).

Neocatecumenali

Apprendo oggi dell’esistenza di questo termine. Mentre lo scrivo sto cercando a più riprese di pronunciarlo in modo corretto, senza tuttavia riuscirvi: la lingua inevitabilmente mi si attorciglia, e credo proprio sia meglio lasciar perdere.

La Svezia è il primo Paese al mondo a riconoscere il copimismo come religione

Tutta roba che mi lascia molto indifferente, ad ogni modo potete approfondire la notizia sul sito ufficiale dell’organizzazione oppure su Wikipedia (per Wikipedia in Svedese si veda qui).

Il Papa Buono

Papa Giovanni XXIII è passato alla storia ed è ancor oggi ricordato con l’appellativo affettuoso di Papa Buono.

Questa cosa mi ha sempre lasciato perplesso; mi sono sempre domandato che bisogno ci fosse di sottolineare per un singolo papa quel concetto di bontà; per un papa la bontà non è forse una specie di pre-condizione?
Un po’ come dire che l’acqua è bagnata; del tutto pleonastico.

Viene da pensare che se si sente il bisogno di specificare che Giovanni XXIII era buono forse gli altri non lo erano, o non lo erano a sufficienza.

Post apparso su Ali E Radici domenica 27 Gennaio 2008.

Santo Padre

Il post che segue è stato pubblicato sul mio precedente blog Ali E Radici domenica 27 Gennaio 2008.

Passi per il “santo”, ma come si fa a chiamare “padre” uno che non ha figli?

Considerazioni sul rito dell’ampolla e sulle radici pagane dell’Europa

In riferimento alla tradizionale manifestazione settembrina dei popoli padani il filosofo Salvatore Natoli ha recentemente dichiarato che “Il gesto dell’ampolla sottolinea un’identità ma fa perdere il senso della comunità rappresentato dal tricolore. È regressivo oltre a essere storicamente infondato”.

Salvatore Natoli, professore di filosofia teoretica all’Università di Milano-Bicocca, è tra i pochissimi che, nel clima cattolico immensamente ostile di questo Paese, va sostenendo da alcuni anni la necessità di un allontanamento dalla tradizione cristiana (figuriamoci da quella cattolica) in favore di forme di religiosità e di etica che potremmo definire come una sorta di blando neopaganesimo.

Date le premesse, ce n’è abbastanza per riscuotere le mie timide simpatie, tuttavia le sue dichiarazioni sopra riportate mi sembrano, in questo caso, oltremodo fuori luogo. Cominciamo dalla prima: non è ben chiaro (anzi, non lo è affatto) perché mai il riconoscersi in una comunità più piccola di quella attuale (e che comunque, a seconda delle definizioni territoriali, supera senza problemi i venticinque milioni di abitanti, persino troppi) dovrebbe rappresentare un’esperienza negativa. Il gesto dell’ampolla, inoltre, è certamente regressivo perché va nella direzione di un recupero di certe istanze pagane, che – guarda caso – sono proprio quelle propugnate dallo stesso Natoli. E infine un appunto sull’infondatezza storica: mi domando, possibile che abbia un senso solo quello che storicamente esiste già? Ovviamente no: per ogni cosa dovrà pur esserci un inizio. Aggiungo da ultimo che le accuse di gesto regressivo e infondatezza storica sono in forte contrasto tra loro, e dunque sarebbe il caso di mostrare maggior coerenza nel fare certe dichiarazioni.

A dire il vero, interrogato in proposito (e al di fuori delle solite pessime sintesi giornalistiche), Natoli ha avuto modo di dare un taglio più corretto alle sue posizioni. “Il gesto dell’ampolla – ha spiegato Natoli – in sé non è negativo. Certo, è privo di una memoria e una storia e alle sue spalle c’è soltanto un artificio politico, ma produce anche l’idea della comunità. E questo è positivo. Tuttavia bisogna distinguere tra comunità chiuse e comunità aperte. La dimensione più vera della comunità è segnata dall’accoglienza e dalla tensione verso l’universale. Se, al contrario, una comunità è votata alla difesa, tende verso la solitudine e si impoverisce”. Parole di grande saggezza. E a chi pensasse alla Padania come a una comunità chiusa dovrebbe, solo per fare un esempio relativamente “moderno”, prendere in esame e studiare il caso dell’integrazione indiana nelle aree del Cremonese e del Mantovano.

Per nulla condivisibili le affermazioni successive: “In questo senso il gesto dell’ampolla è regressivo ed è orientato alla separazione. La comunità rafforza il legame tra gli uomini. Ma se questo legame nasce ‘contro’ non ha più senso. L’idea dell’ampolla è nata non tanto per creare comunità ma per dare vita a un’identità di gruppo. È nata contro”. A differenza di Natoli penso che i concetti di unione e di separazione non possano avere un valore intrinseco di positività o negatività, ma tali accezioni vengono conferite loro dalle circostanze. Unirsi in matrimonio con la donna che si ama è positivo, come lo è una separazione che permetta ai coniugi di abbandonare la gabbia di una vita di coppia che non funziona più e ricominciare nuove fortune e nuovi percorsi di vita; ma un matrimonio combinato o una separazione che non si ha il coraggio di affrontare sono entrambe situazioni fortemente negative. Posso usare un coltello per affettare i pomodori o per assassinare il vicino, così come posso usare l’energia dell’atomo per curare un tumore o scatenare una guerra. Credo mi abbiate compreso.

Prosegue Natoli: “Il rito dell’ampolla non ha mai avuto un significato storicamente plausibile. È un’invenzione per fare proseliti in un determinato mondo”. A Natoli probabilmente sfugge un concetto elementare: tutto, all’inizio è invenzione.

Concludo questo post con alcune considerazioni molto personali e in cui credo fortemente. A ben guardare il rito dell’ampolla è l’unico vero e nobile elemento di paganesimo abbracciato dalla Lega. Per quanto ancora oggi c’è chi, parlando di paganesimo, provi disagio e avversione o si senta in imbarazzo, è qui il caso di ricordare quello che del paganesimo è il tratto fondamentale e altamente positivo: la comunione e l’armonia dell’uomo con la natura; che lo circonda, lo abbraccia e lo nutre (in contrapposizione alla natura declassata e sminuita, e quindi maltrattata, che domina la folle e suicida visione cristiana del mondo, questa sì regressiva). Quello dell’ampolla, mettiamola così, è una bellissima invenzione, di cui andare fieri e orgogliosi. L’elemento acqua che caratterizza e rappresenta la fonte di vita di un intero popolo (in questo caso quello padano, ma la considerazione, evidentemente ha validità generale, direi addirittura universale). Lo trovo stupendo. Ma a questo punto c’è un “ma” grosso come una casa; mi rivolgo direttamente ai vertici della Lega ma in realtà a chiunque legga: non è forse il caso di abbandonare l’idea testarda, fasulla e controproducente delle radici cristiane dell’Europa? Il cristianesimo è stato introdotto in Europa dal vicino oriente con pesanti colpi di spada (segno, questo, di una evidente inferiorità: le idee buone, si sa, camminano da sole, senza il bisogno di alcuna violenza). Il cristianesimo e l’Europa non c’entrano nulla: il cristianesimo è stato, nel corso degli ultimi duemila anni, un’infelice parentesi che ha fermato il progresso facendo dimenticare all’uomo – cosa ancor peggiore – quello che l’uomo realmente è, ovvero una parte del tutto, uno splendido tassello di un’altrettanto splendida natura madre, non un semidio che ha il diritto di innalzarsi sopra di essa e di distruggerla. Le uniche vere basi comuni dell’Europa sono rappresentate dalla grande tradizione pagana, che oggi non va certo riportata in vita con le sue antiche e non più attuali ritualità, ma invece recuperata nel suo spirito profondo.

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